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Lombardia, Milano, Museo del Risorgimento
Lombardia, Milano Museo del Risorgimento
Un'immersione nella nostra storia: il Museo del Risorgimento a Milano
In via Borgonovo, nel settecentesco Palazzo Moriggia, ha sede il Museo del Risorgimento, che conserva dipinti, cimeli, oggetti, ed opere scultoree che rappresentano le personalità e gli eventi più importanti attraverso cui è stata realizzata l’Unità d’Italia.
E’ la storia che racconta come è nato lo stato italiano, che ha le sue origini nei più grandi ideali di libertà, per cui hanno combattuto e si sono sacrificati moltissimi italiani.
Il sentimento e bisogno di libertà divennero talmente forti e profondi negli animi da ispirare scrittori come Alessandro Manzoni, e musicisti, tanto che il celebre “Va’ Pensiero” del Nabucco di Giuseppe Verdi, venne considerato il coro che li rappresentava.
La prima scintilla, destinata poi ad essere alimentata sempre di più, nacque nel 1796 con laCampagna d’Italia condotta da Napoleone Bonaparte, che portando via il nord della penisola agli Austriaci, diffuse le idee di libertà e di uno stato repubblicano.
Con lui nacque infatti la Repubblica Cisalpina, che durò un ventennio, fino alla caduta di Napoleone nel 1814 e la Restaurazione.
Quando quest’ultima ricondusse gli Austriaci nel Lombardo Veneto, dividendolo di nuovo dal resto dell’Italia Centrale, gli italiani ormai erano cambiati e non potevano più accettare quel dominio dispotico, chiuso ad ogni apertura.
Incominciarono a sorgere ovunque gruppi di patrioti, detti i ”Carbonari”, perchè facevano parte della società segreta rivoluzionaria della “Carboneria”, che iniziarono a diffondere le idee di liberazione dallo straniero e repubblicane.
Il più grande fermento avveniva tra le file degli intellettuali che si riunivano periodicamente nei“salotti culturali”, di cui il più famoso fu quello della contessa Clara Maffei. Nella sua casa passarono artisti, letterati, compositori, e patrioti.
Tra i più famosi ritroviamo Carlo Cattaneo, Massimo D’Azeglio, Tommaso Grossi, Alessandro Manzoni e tra i musicisti Franz Liszt e Giuseppe Verdi.
I fermenti rivoluzionari sfociarono nella Prima Guerra d’Indipendenza, che nel 1848, condusse alle famose Cinque Giornate di Milano, durante le quali i Milanesi riuscirono per la prima volta a cacciare gli Austriaci dalla città per cinque giorni, issando in cima al Duomo la Bandiera del Tricolore.
La grande importanza dell’evento fu dovuta anche al fatto che tutti i cittadini, compresi donne e bambini, si unirono per combattere, costruendo barricate per le strade con vecchi mobili ed ogni sorta di oggetti.
Si può quindi affermare che gli Austriaci furono quasi cacciati “a furor d ipopolo”.
In ricordo di questo evento fu costruito un obelisco. Purtroppo però la grande passione patriottica ed emotiva non poteva bastare a costruire e mantenere una libertà duratura, infatti gli Austriaci ripresero la città.
Il Tricolore fu buttato a terra, molti insorti vennero arrestati e condannati a morte o imprigionati: da questi fatti nacque la celebre opera “Le Mie Prigioni” di Silvio Pellico, nel carcere duro delloSpielberg, ed a molti abbienti ed aristocratici furono confiscati tutti i beni.
Quelli che poterono fuggirono in esilio, come la contessa Maffei ed insieme a lei molti intellettuali e patrioti.
Cosi nel silenzio di questa nuova dolorosa restaurazione, durata 10 anni, nacque un nuovo modo di combattere: bisognava mettere da parte la passionalità ed usare la diplomazia, le alleanze.
Dai tempi del Ventennio, patrioti e intellettuali avevano sognato un’Italia libera e repubblicana,aderendo alle idee di Giuseppe Mazzini, giornalista, filosofo e grande idealista, fondatore del giornale “La Giovine Italia”, ed in seguito, “La Giovane Europa”, con lo scopo di lottare per la liberazione di tutte le nazioni europee oppresse da stranieri.
Anche dall’esilio, in Francia, inSvizzera ed in Inghilterra Mazzini continuò a diffondere le sue idee.
Dopo il ‘48 però intellettuali e politici dovettero in parte ricredersi.
Cominciarono infatti a capire che, per liberare l’Italia, ci voleva uno stato forte con un re, che potesse ottenere un’alleanza con una nazione potente: questo stato fu identificato in quello Sabaudo, il Piemonte, governato da re Vittorio Emanuele II° di Savoia, di origine francese, che avrebbe potuto chiedere l’alleanza di Napoleone III°, imperatore di Francia.
A tal fine prevalse la politica dello statista Camillo Benso Conte di Cavour, di idee monarchiche, per cui l’Italia libera doveva però essere governata da un re.
Così nella Seconda Guerra d’Indipendenza che ne seguì, nel 1858, durante alcune tra le più sanguinose battaglie, come S.Martino, Solferino e Magenta, i Franco-Piemontesi sconfissero gli Austriaci liberando la Lombardia. Tuttavia, senza preavviso, Napoleone III° si fermò, firmando un armistizio con l’imperatore Francesco Giuseppe a Villafranca: in questo modo rimaneva ancora agli Austriaci il Veneto con Venezia. La delusione che ne seguì tra i patrioti italiani fu grande.
Nel 1860 però Camillo Cavour ottenne un nuovo importante risultato: divenuto Presidente del Consiglio, indisse dei plebisciti regionali, grazie ai quali riuscì ad annettere le regioni del centr’Italia e della Sardegna.
Nello stesso anno Giuseppe Garibaldi partì da Quarto, presso Genova, per imbarcarsi per l’ “Impresa dei Mille”, seguito da mille volontari, detti anche “Giubbe Rosse” per il colore delle camice che li distinguevano, con l’obiettivo di conquistare il Regno delle Due Sicilie, ovvero la Sicilia ed il Meridione d’Italia, governato dai reali Borbonici francesi.
A loro si unirono anche gli abitanti liberando tutto il sud, che Garibaldi consegnò al re Vittorio Emanuele II° nel famoso incontro a Teano, con una semplice stretta di mano.
Così nel museo si possono osservare i ritratti dei regnanti, patrioti e statisti citati, oltre ai grandi dipinti delle più note battaglie, tra cui anche quella di Magenta, la più importante, in cui dopo aver sconfitto gli Austriaci, il re Vittorio Emanuele II° e Napoleone III° entrarono trionfanti in Milano.
Non mancano naturalmente quadri raffiguranti l’Impresa dei Mille, tra cui un bellissimo ritratto di Giuseppe Garibaldi durante una pausa, in mezzo alla campagna.
Nel 1861, quindi, l’Italia era già unita, però mancavano il Veneto e Roma, che ispirarono il dipinto delle tre donne: l’Italia, vestita col Tricolore, il Veneto, rappresentato da una ragazza bruna avvolta in uno scialle nero, e sull’altro lato Roma.
Nel 1866 finalmente avvenne anche l’annessione del Veneto e Venezia, dopo che era stata ceduta alla Francia e attraverso questa all’Italia grazie ad un plebiscito: in riferimento a ciò si può ammirare il magnifico quadro di Venezia, in cui viene rappresentato lo sbarco del re Vittorio Emanuele II davanti a Palazzo Ducale, in piazza S.Marco.
Tuttavia l’intenzione generale era sempre di spostare la capitale a Roma, così, nel 1871 avvenne l’apertura della “Breccia di Porta Pia”. L’italia finalmente era fatta.